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Il Mosaico - Cenni Storici

 

Il mosaico è una composizione ottenuta mediante l'utilizzo di frammenti di materiali (tessere) di diversa natura e colore (pietre, vetro, conchiglie). Le tessere sono costituite da molti tipi di materiali, che permettono effetti diversi ed hanno ciascuno i propri vantaggi: ciottoli, pasta di vetro (effetto di trasparenza, colori vivi), quadrati d'arenaria (taglio facile e resistenti al freddo), ceramica smaltata (grande gamma di colori, ma è un materiale di difficile conservazione), marmo (numerosi colori, grande resistenza, ma è un materiale molto pesante), l'oro e l'argento (si inserisce uno strato d'oro o di argento in una tessera di vetro; lo strato è protetto e si ha un effetto di luminosità). A Bisanzio, si utilizzavano smalti di vetro per le decorazioni murali. L'intensità dei colori è notevole ma questo materiale è costoso e risulta molto fragile. Il supporto più diffuso è il calcestruzzo (sabbia e cemento) dato il suo basso costo e la sua adattabilità a vari contesti. Si pone sulla parete una rete, quindi uno strato di calcestruzzo almeno di 13 mm di spessore, così da proteggere il mosaico dalla fessurazione. La colla più utilizzata è certamente la malta: applicabile su tutte le superfici, si può aggiungere calce per rallentare il tempo di presa. Si utilizzano anche adesivi a base di cemento, che sono concepiti in funzione del supporto, con vari tempi di presa. L'impiego dei due tipi di colla bianca (normale e solubile in acqua) è anche frequente. Infine, all'epoca contemporanea, si constata l'utilizzo di adesivo siliconico. Il mosaico parietale consiste nello stendere sul muro grezzo l'arriccio, poi uno strato di malta fine, costituita da marmo, calce e pozzolana. A San Marco si faceva uso di chiodi, anche 37 al m2, per sostenere il mosaico: col tempo si è capito che non servono e inoltre ostacolano i restauri. Nel XII e XIV secolo, a Firenze, si usano calce, polvere di marmo, tufo e gomme. Il Vasari tramanda una ricetta composta da calce, travertino, cocciopesto e albume: la calce aggiunta all' albume costituisce un cemento durissimo. Per l’applicazione in opera il metodo diretto è il migliore: viene eseguito in situ, nelle condizioni di luce nelle quali l'opera verrà vista, importante soprattutto per l'effetto dell'oro. È possibile anche la prefabbricazione su pannelli in cemento armato spessi 2 cm, rinforzati da rete metallica; il mosaico viene eseguito in laboratorio e montato con grappe di ottone. Con il metodo indiretto, invece, il mosaico viene preparato in laboratorio, con le tessere capovolte incollate con la colla di farina su fogli di carta o tela: è adatto per superfici piane, come pavimenti e rivestimenti di piscine, poiché le tessere risulteranno sullo stesso livello e avranno la stessa angolazione. Se il mosaico sarà di grandi dimensioni, la superficie verrà scomposta in parti più piccole e maneggevoli, con il perimetro che segue la decorazione o comunque con contorni frastagliati per mimetizzare meglio i giunti. Il mosaico o le sue sezioni vengono collocate sullo strato di malta o legante ancora fresco e poi battuto con un apposito strumento chiamato "batti", fino a che il legante non sia penetrato attraverso tutti gli interstizi fra le tessere. A questo punto si può asportare la carta e portare così alla luce il mosaico finito. Infine il sistema di rivoltatura, diffuso dal XIX secolo, è più preciso del metodo indiretto e consente una maggiore ricchezza di dettagli. Dentro una cassetta di legno, delle dimensioni del lavoro finale o di una delle sue sezioni, con il fondo impermeabilizzato, si stende uno strato di argilla miscelata a pozzolana bagnata. Su questo si traccia il disegno preparatorio e vi si inseriscono direttamente le tessere. Una volta ultimato il mosaico, lo si ricopre con dei velatini di garza, eventualmente rinforzati con tela di canapa, fatti aderire con colla di farina o di amido. Non appena i velatini sono asciutti, si può rivoltare il mosaico, liberarlo dalla cassetta e asportare l'argilla, pulendo accuratamente le tessere. Il mosaico viene così trasferito sulla parete di supporto, come nel caso del metodo indiretto. I mosaici pavimentali, in Grecia, si costruivano scavando il suolo fino a 2 m di profondità; veniva gettato uno strato di cementante con ciottoli e schegge di pietra per ottenere uno strato convesso, quindi un impasto di calce, sabbia e cenere spesso 15 cm, ben livellato; infine veniva posto il mosaico. Questo sistema era molto stabile. I Romani usavano livellare la superficie, comprimere il suolo per una maggiore consistenza, quindi sistemare uno strato di ciottoli e pozzolana e uno di pozzolana e schegge di mattone, che venivano compressi; un successivo strato di calce, pozzolana, polvere di marmo e cocciopesto costituiva la base per il mosaico, realizzato su un su bagno di cemento. In epoca Bizantina si preferiva uno strato di mattoni accostati, ricoperto poi con pezzi di mattone, ghiaia, calce, pozzolana, mentre a Venezia veniva gettata una base di 10 cm di calce e pozzolana e un altro strato di 4 cm per allettare le tessere. L'uso di mosaici su supporto autoportante è documentato già in epoca romana: si tratta degli "emblèmata", mosaici realizzati su lastre di pietra, legno, rame, ottone o terracotta, inserite successivamente nelle superfici da decorare, o delle icone portatili di epoca bizantina. Decorazioni musive si trovano anche su oggetti di arredamento, liturgico o profano, come altari, pulpiti, tavoli. Il supporto può essere a "cassina", ovvero avere una cornice rialzata, oppure liscio, nel caso il mosaico vada inserito su una parete o appeso. Il legante per mosaico può essere costituito da calce spenta e polvere di mattone e di marmo, mescolate con acqua ed eventualmente olii o resine; stucco a olio; cera, bitume e pece greca, mescolati fra loro. La sinopia o disegno preparatorio, ha la stessa funzione che nell'affresco: definire la ripartizione degli spazi e creare una guida durante l'esecuzione. Viene tracciata sull'ultimo strato di preparazione, prima del legante vero e proprio, con colori rosso o nero stemperati in acqua o incidendo la malta fresca. Lo strato di legante viene steso a giornate, per evitare che asciughi prima che tutte le tessere siano state collocate. Su questo strato si riporta il disegno definitivo mediante cartone o spolvero: talvolta si completa con campiture sia come riferimento per i colori da utilizzare sia per portare a tono la malta che resterà in vista negli interstizi. Negli emblèmata veniva utilizzata una tecnica particolare: sul supporto viene colato uno strato di gesso, sul quale si appronta il disegno preparatorio. Il gesso viene poi rimosso a piccole sezioni, all'interno delle quali viene steso il legante. Il gesso che resta attorno alla zona rimossa servirà da contenimento al mosaico in fieri. I leganti dell’antichità erano resine vegetali o bituminose, come anche il gesso o miscele di calce e cocciopesto o polvere di marmo o sabbia. Nel 1800 si riprende lo stucco a olio, usato nel Rinascimento, e viene introdotto il cemento Portland. Oggi esistono in commercio svariati tipi di colle, stucchi e malte, anche se alcuni mosaicisti preferiscono prepararsi da sé l'intonaco tradizionale, con calce e sabbia fine. Le tessere vengono tagliate alla misura desiderata con l'ausilio della martellina e del tagliolo, oppure con una pinza speciale, quindi inserite nel legante per circa 2/3 del loro spessore, con le mani o con le pinzette in caso di dimensioni ridotte. L'orientamento varia a seconda della pressione esercitata e degli effetti di luce desiderati, specie nei fondi oro, in cui l'inclinazione arriva ai 45°. Questo procedimento crea una superficie irregolare, caratteristica dei mosaici più antichi, difficilmente riproducibile con il metodo indiretto, che presenta una superficie liscia e uniforme.




stampa | pagina iniziale | © Fabiano Fulvi


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